EquitaMILANO (AIMnews.it) – Il collocamento di azioni Equita Group è stato accolto positivamente dagli investitori istituzionali e, a poco meno di due settimane dallo sbarco all’Aim, il titolo si mantiene al di sopra del prezzo di collocamento. Ne abbiamo parlato con Andrea Vismara, Ad del gruppo finanziario con sede a Milano.

Come sono stati i primi giorni all’Aim?
Direi positivi. Abbiamo avuto una domanda elevata, circa due volte e mezzo l’offerta, un terzo proveniente da operatori stranieri, da 80 investitori istituzionali. E anche le prime sedute all’Aim sono state positive, segno di una buona domanda anche nella fase successiva alla quotazione, con volumi di negoziazione che si mantengono interessanti. Tolte le Spac, la nostra è stata la maggiore quotazione sul mercato Aim Italia con 45 milioni di euro raccolti complessivamente: una dimensione e un flottante che probabilmente hanno tranquillizzato gli investitori esteri.

Come mai all’Aim?
Quest’anno abbiamo portato a termine una riorganizzazione sia societaria sia manageriale, lanciato una Spac e fatto una joint venture con Pep. Grazie ai suoi tempi brevi, l’Aim ci ha consentito di portare a termine anche la quotazione entro il 2017, in linea con i nostri obiettivi. Ma l’Aim rimane una piattaforma di lancio: già dall’anno prossimo puntiamo a passare allo Star essendo Equita già compliant per questo segmento e con le carte in regola: Ifrs, Comitati, Governance e il flottante superiore al 42% per le azioni ordinarie quotate. Crediamo nell’Aim e abbiamo scelto di partire da questo mercato per beneficiare di un risparmio di costi e soprattutto di una tempistica molto più breve ma anche con l’intento di mostrare un percorso virtuoso alle piccole e medie imprese.

Nel primo semestre le componenti di sales&trading e proprietary trading pesavano per il 70% dei ricavi, mentre Investment Banking e Alternative Asset Management per l’altro 30 per cento. Come vede il business di Equita tra un paio di anni?
Nel terzo trimestre l’Alternative Asset Management ha beneficiato dei contributi derivanti dalla gestione delle masse, aumentate in maniera significativa. La Spac che abbiamo lanciato a luglio paga poi una piccola commissione nel secondo semestre. L’aumento significativo è stato quello dell’Investment Banking, che storicamente ha una stagionalità molto sbilanciata nella seconda metà dell’anno. In futuro, data la progressione degli ultimi anni, ci aspettiamo che l’Investment Banking diventi la divisione più grande della società insieme all’asset management che continuerà a crescere. Tra tre anni potremmo vedere le due aree di ricavi passare da 70-30 a 50-50.

Quindi non spingerete troppo sulla parte di trading?
Non vogliamo spingere troppo sull’area di Proprietary Trading per non aumentare eccessivamente i rischi, mentre per quella di Sales & Trading, in cui siamo già leader di mercato, i margini di espansione sono più limitati.

E la parte di Alternative? Dopo il private debt e il private equity, pensate di aggiungere altre componenti?
Da  questo business area ci aspettiamo un forte contributo alla crescita del Gruppo. Prima però occorre dare soddisfazioni agli investitori sia del debt sia dell’equity. Solo a quel punto potremo iniziare a pensare a una seconda operazione in questi due ambiti. Nel frattempo stiamo guardando a veicoli di altra natura, grazie ai validi team su cui possiamo contare e nell’arco dei prossimi tre anni contiamo di poter elaborare nuovi prodotti e nuovi veicoli, magari anche diversi da quelli che abbiamo lanciato quest’anno.

Quali i motivi per il calo della componente di sales & trading? I Pir non hanno aiutato?
Sul mercato italiano abbiamo avuto l’effetto benefico dei Pir che hanno spinto le contrattazioni in forte rialzo. Ma da un punto di vista europeo – si tenga conto che i due terzi dei nostri clienti sono internazionali – nel 2017 si è già iniziato a scontare l’effetto Mifid II, che si rileverà anche il prossimo anno. Impatta in maniera importante quello che i fondi potranno pagare per remunerare la ricerca e quindi il settore del sales & trading è destinato a contrarsi. Nel breve a noi porterà una piccola contrazione dei ricavi, ma nel medio lungo termine il settore è destinato a concentrarsi, estromettendo i player più piccoli: e di questo siamo convinti di beneficiare.

Durante l’Ipo avete promesso un dividendo di 20 centesimi, quindi un monte dividendi di circa 9 milioni al netto delle azioni proprie. L’utile 2017 coprirà l’intero ammontare?
Sì, nel primo semestre abbiamo realizzato 4,5 milioni di utile, ma la seconda metà dell’anno è stagionalmente più redditizia. Quindi il pay-out sarà sotto il 100 per cento. Del resto, storicamente, la società ha sempre distribuito quasi tutto l’utile realizzato, e anche per il futuro puntiamo a rimanere poco sotto questa soglia. Ma quanto raccolto in Ipo e il 9,8% del capitale in azioni proprie destinate a operazioni di crescita saranno sufficienti per operazioni di M&A.  E magari in futuro utilizzeremo anche parte dell’utile non distribuito per effettuare un piccolo buy-back per neutralizzare gli effetti diluitivi di eventuali piani di incentivazione azionarie.

Acquisizioni in Italia o all’estero?
Grazie anche alle nostre dimensioni, crediamo ci siamo buone possibilità di crescita nel nostro Paese. Ma  in Europa, nell’asset management e nel sales & trading, è in atto un processo di concentrazione: guardiamo quindi anche Oltralpe come un’opzione interessante considerato che due terzi dei nostri clienti sono internazionali. Ma oggi vogliamo, innanzitutto, consolidare il ruolo di Equita sul mercato italiano che, grazie anche ai Pir, offre ancora molte opportunità.