Fabio Tarozzi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MILANO (AIMnews.it) – “Il 2015 è stato un anno record per il settore italiano delle macchine per ceramica, che, secondo i dati Acimac, ha sfiorato i 2 miliardi di giro d’affari, l’8% in più rispetto al 2014, ma soprattutto il 2,3% in più rispetto al 2007, anno di picco per il comparto, l’ultimo prima della crisi economica”. Fabio Tarozzi è stato fino alla scorsa settimana alla guida dell’Associazione ed è anche presidente e amministratore delegato di Siti B&T Group, quotatasi quest’anno su Aim Italia e leader in Italia nel comparto, oltre che tra i più importanti player a livello mondiale di impianti completi a servizio dell’industria ceramica delle piastrelle e dei sanitari e nell’ambito della robotica avanzata.

Quali sono i dati più importanti che rilevate?
Sicuramente l’export, salito del 9,1% rispetto al 2014 che ha toccato anche qui il valore record di 1,52 miliardi di euro, vale a dire il 76,8% del fatturato complessivo. In  Asia, Cina esclusa, l’export è cresciuto del 29,3% a 278 milioni, nell’Unione Europea del 22,6% a 277 milioni e in Africa del 22,8% a 204 milioni. Le altre principali destinazioni del nostro export sono poi Medio Oriente sceso del 25% a 187 milioni e il Sud America, cresciuto invece dell’8% a 186 milioni.

E il mercato italiano?
È cresciuto anch’esso, +4,3% a 461 milioni di euro. Per il nostro comparto vale il 23,3% del giro d’affari complessivo.

Nel frattempo il Parlamento Europeo ha bloccato la Cina…
Giustamente non ha considerato il Paese un’economia di mercato e ha confermato i dazi antidumping. In realtà è una misura che è più a difesa dei produttori di piastrelle, cioè i nostri clienti, che dell’impiantistica: la tecnologia cinese nel nostro comparto è ancora ben lontano dalla nostra. In ogni caso va rilevato come l’export cinese di piastrelle sia in calo da due anni consecutivi e abbia come bacino di sbocco essenzialmente il resto dell’Asia e l’Africa.

Dalla Cina alla Russia: il blocco dell’Unione Europea ha colpito anche voi?
Le sanzioni hanno colpito i produttori di piastrelle che hanno dovuto anche fare i conti con la svalutazione del rublo. E hanno quindi frenato il settore. Viceversa non hanno avuto ripercussioni sul nostro comparto che lo scorso anno ha aumento del 7,9% l’export verso l’Est Europa con 156 milioni di euro.

Il referendum britannico su Brexit impatterà sul comparto?
Non penso. Il nostro settore, come evidenziato dai dati di export, è ben radicato e molto diversificato, quindi la vicenda Brexit credo avrà ripercussioni molto contenute.

Da Acimac a Siti B&T Group, la società di cui è presidente e che da poco è sbarcata all’Aim: nonostante il crollo dei mercati il titolo quota al di sopra del prezzo di Ipo. Come sta andando il vostro business?
Vediamo sempre più confermata la validità del nostro business plan. Le classi dimensionali più grandi, nel nostro comparto, sono quelle che crescono di più. Quindi le operazioni che abbiamo fatto nel corso degli anni per aumentare la nostra massa critica e diversificare la nostra offerta si sono dimostrate molto utili e funzionali. Possiamo contare su un portafoglio prodotti completo e presente soprattutto nelle linee che performano meglio, dalla decorazione digitale alla pressatura, per non parlare della finitura che è il comparto che è cresciuto di più negli ultimi cinque anni e che tuttora ha le migliori prospettive.

Come vedete il 2016?
Acimac ha rilevato un +9% nel primo trimestre dell’anno con un +14% di export. Anche Siti B&T sta andando molto bene, con un fatturato in crescita. Da parte nostra abbiamo presentato nuovi prodotti, aperto a Singapore e inaugurato da poco il nuovo stabilimento in Cina. Inoltre  possiamo contare anche sulla nostra filiale in Brasile, un Paese che è il secondo al mondo nella produzione di piastrelle e che sta avviando uno spostamento verso prodotti di gamma più alta, avendo quindi la necessità di implementare nuove linee produttive. Insomma, abbiamo una presenza generalizzata, anche se la parte “pensante” e quella “hi tech” rimangono saldamente in Italia.

Con l’Ipo avete praticamente azzerato il debito. C’è spazio per nuove acquisizioni?
Siamo il maggior polo aggregante in Italia e operiamo in una zona, quella di Sassuolo, che è quella storica e a più alta densità di produttori. Magari operatori di nicchia e alle prese con il passaggio generazionale. Al momento non abbiamo operazioni in essere, ma ci guardiamo sempre attorno.

Delle tre aree di business, il Tile, cioè la fornitura di impianti per la produzione di piastrelle, vale oltre il 70% dei ricavi consolidati. Sarà così anche in futuro?
Rimarrà il settore portante del gruppo, anche perché ne è il core business. Tuttavia stiamo facendo crescere anche gli altri due comparti, il Sanitaryware, cioè il settore dei processi tecnologici per la produzione di sanitari e il Customer care per tutti i servizi post vendita. Il Sanitaryware sta crescendo oltre le aspettative del nostro piano industriale, ma la stessa cosa succede per il customer care, grazie al processo di internazionalizzazione del nostro gruppo.

Quali aree in cui non siete ancora presenti, in prospettiva, vi sembrano le più interessanti?
Di sicuro le aree extra europee. In particolare l’Iran. Era un mercato di sbocco importante per il nostro comparto prima delle sanzioni e tornerà a esserlo. È un processo graduale che non è ancora partito, ma è solo questione di tempo. Il Paese sarà un cliente importante per noi, visto che è il quarto produttore al mondo di piastrelle.