Dopo un triennio difficile, il mondo della finanza torna a registrare risultati positivi. Lo dimostrano gli indicatori di SCM SIM relativi ai primi nove mesi dell’anno. Il Consiglio di Amministrazione di Solutions Capital Management SIM ha preso visione dei risultati gestionali al 30 settembre 2023. Le commissioni attive sono pari a euro 5,46 milioni, evidenziando una crescita del 41% rispetto a euro 3,87 milioni registrati al 30 settembre 2022. Un obiettivo raggiunto grazie soprattutto al contributo delle commissioni derivanti da consulenza generica (euro 2,25 milioni, +281%, rispetto a euro 0,59 milioni al 30 settembre 2022)  e delle commissioni nell’ambito delle gestioni patrimoniali (euro 1,62 milioni, +15%, rispetto a euro 1,41 milioni al 30 settembre 2022). Inoltre, il margine di intermediazione si attesta a euro 2,76 milioni di euro, in crescita del 26% rispetto a euro 2,19 milioni nel medesimo periodo dell’esercizio precedente.

La società ha recentemente siglato una partnership importante con Sara Vita, Compagnia di assicurazioni del Gruppo Sara specializzata nell’area del risparmio, dell’investimento, della previdenza e della tutela, per avviare un percorso di sviluppo di nuovi prodotti a servizio della rete dei propri consulenti. Premesse importanti per un anno proiettato alla crescita, in uno scenario che prevede importanti cambiamenti normativi. Ci spiega il ceo Antonello Sanna: “SCM SIM nasce dodici anni fa con un modello di business in linea con quello anglosassone e una netta distinzione tra distribuzione e consulenza. Non ci spaventano i cambiamenti in corso, lavoreremo per accrescere l’attenzione verso i prodotti assicurativi, per portare l’Italia ai livelli europei”.

Avete registrato risultati positivi nei primi nove mesi dell’anno, in quale scenario sono maturati?

Siamo usciti quest’anno da un triennio abbastanza complicato per chi lavora nel settore della finanza. Nei primi due anni, 2020-21, la difficoltà di incontrare i clienti ha reso le nostre attività più complesse, con effetti diretti sui risultati. Abbiamo lavorato per difendere le posizioni. Il 2022 è stato certamente complicato. Non abbiamo incassato abbastanza commissioni recurring e l’andamento del mercato ha spaventato la clientela, anche perché non si capiva a che livello potesse arrivare la l’inflazione e questo ha paralizzato la raccolta. Quest’anno invece siamo ripartiti in un contesto che inizia a normalizzarsi e abbiamo avuto modo di fare il nostro lavoro con maggiore serenità, puntando alla crescita in termini di masse. E i risultati lo testimoniano: sono cresciute di circa una trentina di milioni. Allo stesso tempo abbiamo anche deciso di pulire il portafoglio dalle posizioni non particolarmente redditizie, quindi parliamo di raccolta adjusted, e siamo tornati sui ritmi di crescita stabili.

E la partnership con Sara Vita?

Come comunicato, da settembre abbiamo acquisito un gruppo di assicuratori vita, ora alle prese con gli esami da consulenti. Sono competenze che nel contesto statunitense sono proprie di una figura professionale completa, ma noi continuiamo a scindere i due ruoli. La transizione demografica è un indicatore importante della futura crescita del comparto assicurativo. Con i nuovi ingressi abbiamo triplicato la rete dei nostri consulenti.

Quali le prospettive per il prossimo anno per il mondo dei personal financial services?

Siamo nati 12 anni fa con una visione molto precisa, con un modello di business diverso rispetto a quello che è diffuso in Italia. Il nostro Paese rappresenta un anacronismo nel panorama dei personal financial services sia rispetto all’Europa sia ai Paesi anglosassoni. Abbiamo una potente verticalizzazione fra produzione e distribuzione, le reti sono pagate dalle società emittenti dei prodotti e non dai clienti. Questo è una caratteristica esclusivamente italiana, che inevitabilmente premia chi paga meglio, a discapito di un processo di pianificazione e della consulenza.  A febbraio, la Commissione europea è intervenuta sul tema dei rebates, nell’interesse del cliente, sottolineando il fatto che il modello italiano non può essere considerato consulenziale ma solo distributivo. L’intervento sui rebates ha suscitato le proteste del mercato, con l’opposizione di Abi e associazioni di categoria. Il nostro sistema di business è sempre lo stesso dagli anni ‘80, e l’Italia, per trasparenza e costi dei fondi è considerato tra i peggiori paesi al mondo da Morningstar. Un cambiamento è opportuno e auspicato dall’Europa anche con la Direttiva Ris – Retail investment strategy -, che impone una serie di regole per accrescere la trasparenza su costi e meccanismi, a favore dei clienti. È in corso una rivoluzione.

Per voi non sarebbe certo un problema…

Tutt’altro. Per SCM Sim rappresenta un’opportunità perché da quando siamo nati abbiamo adottato un modello diverso, in linea con quello anglosassone. I nostri servizi sono pagati esclusivamente dai clienti. I nostri consulenti non hanno alcun conflitto di interessi, i clienti sanno esattamente quanto pagano. Gli operatori sono molto preoccupati, ma nessuno si ferma a riflettere sul fatto che i nostri asset in Europa sono di gran lunga inferiori a inglesi, tedeschi o francesi. Il modello italiano non è esportabile, è il momento di cambiarlo anche se questo implica effetti diretti sull’attuale scenario.  Chi lavora con noi ha già affrontato questa trasformazione, abbiamo dodici anni di esperienza alle spalle.

Quali gli obiettivi strategici di SCM per il futuro?

L’offerta assicurativa è da tempo parte delle soluzioni proposte dai nostri consulenti, con la recente acquisizione abbiamo consolidato questo ramo. L’idea è quella di offrire alla clientela anche la parte di risk management, affiancando al ramo vita quello danni. È un passaggio culturale molto delicato perché siamo un paese di sotto assicurati, ma si tratta di un processo di persuasione necessario. Gli italiani considerano la liquidità uno strumento per gestire gli imprevisti, ma l’assicurazione può offrire risposte concrete in questa direzione. La pecca del settore è la scarsa proattività, gli assicuratori non contattano potenziali clienti. Vogliamo supportare il cliente, anche attraverso un processo di educazione finanziaria, aiutandolo a comprendere le specificità dei prodotti in linea con gli obiettivi da raggiungere. La prima grande trasformazione consisterà proprio nel definire le finalità del risparmio.

Ha sottolineato le criticità del modello distributivo italiano, oltre alle caratteristiche che in qualche modo allontanano i risparmiatori dal mondo del modello gestito. Come sensibilizzarli?

Il coordinamento tra gli attori in campo è un punto centrale. Il sistema nazionale necessita di una trasformazione che non può arrivare sempre dall’Europa. Ci vuole attenzione agli incentivi fiscali, all’economia reale, a una comunicazione corretta e trasparente, anche da parte dei media e di chi si occupa di marketing per i player finanziari.