Dino Natale a.d. FinlogicMILANO (AIMnews.it) – Dopo poco meno di un mese dall’avvio delle negoziazioni su Aim, l’azione Finlogic segna un rialzo di oltre il 37 per cento. Ne abbiamo parlato con Dino Natale, amministratore delegato della società attiva nel settore dell’Information Technology, con soluzioni complete per la codifica e l’identificazione automatica dei prodotti.

L’Ipo è avvenuta solo con aumento di capitale: per quale motivo?
Non avevamo debiti da ripianare, il 2016 si è chiuso con una posizione finanziaria netta positiva per quasi 0,5 milioni di euro. La quotazione in Borsa era fondamentale per proseguire nel nostro progetto di crescita per linee esterne.

La conferma della partnership con Sato fino al 2021 ha spinto al rialzo le vostre azioni…
Sì, per noi Sato è un partner molto importante: è il secondo produttore di stampanti professionali, di cui siamo distributori per l’Italia, e ci aiuterà anche nelle attività di marketing – sia come struttura sia dal punto di vista economico – supportando la nostra crescita. Noi siamo nel settore della codifica e identificazione automatica dei prodotti, fornendo soluzioni complete. Quello che ci distingue rispetto ai concorrenti è il fatto che siamo fornitori globali di tutti i prodotti, dalle stampanti a trasferimento termico ai lettori di codici a barre, dall’assistenza tecnica alle etichette che produciamo. All’estero Sato opera direttamente, in Italia si appoggia a noi per la distribuzione, e infatti siamo il primo cliente europeo della società giapponese. Quindi, se la quota di mercato di Sato aumenta, significa che cresciamo anche noi.

Voi siete presenti quasi solo in Italia?
Sì, nel 2016 il 94% del fatturato era in Italia, il resto è in Francia, Svizzera e Spagna, oltre a una quota minima in Belgio. L’idea di internazionalizzare la nostra attività è uno dei motivi della quotazione in Borsa. Tuttavia in Italia c’è ancora molto spazio: noi siamo tra i primi 10 operatori del settore in Italia e abbiamo poco più del 3% di un mercato con oltre 500 operatori che vale quasi 600 milioni di euro per la parte di produzione di etichette. Un settore quindi molto frammentato e ampiamente scalabile.

Quindi?
Il nostro obiettivo è prima di tutto continuare a rafforzarci in Italia, dove vediamo ampie potenzialità di crescita anche a seguito dell’entrata in vigore di molti regolamenti europei con regole sempre più stringenti in tema di etichettatura e tracciabilità dei prodotti.

E all’estero?
In questo caso puntiamo su Paesi vicini a noi. Stiamo potenziando lo stabilimento produttivo di Milano anche con questo fine: servire i nostri partner commerciali nei vari Paesi. Ribaltiamo così quello che è il nostro business model all’estero: riteniamo che la presenza capillare sia fondamentale per assicurare assistenza al cliente.

Nel 2016 avete registrato un aumento di quasi il 17% dei ricavi: quanto è organico e quanto crescita esterna?
Il 2016 è stato praticamente tutto organico, dato che l’acquisizione dello scorso anno, effettuata nell’ultimo trimestre, ha contribuito per circa 400mila euro. Teniamo conto che tra il 2009 e il 2016 il cagr dei ricavi si attesta al 19%, quello dell’ebitda del 27 per cento.

L’ebitda nel 2016 è cresciuto del 12% circa…
Vero. Ci sono stati dei costi negli ultimi quattro mesi dell’anno, a seguito dell’acquisizione, che non avevano ancora aggiunto marginalità. Cosa che invece vedremo quest’anno alla luce anche dell’integrazione delle strutture. Anche a livello di marginalità siamo intorno al 16%, anche se vi potranno essere economie di scala che consentiranno di aumentarla in misura più che proporzionale.

Acquisizioni in Italia: in che modo?
Comprando delle società. Abbiamo già fatto operazioni di questo tipo, una nel 2014 e l’altra l’anno scorso. L’obiettivo, come detto, è sostenere la crescita anche per linee esterne. Le società sono di solito system integrator, che possiamo cioè sostenere nella vendita di materiale consumabile, e che offrono già sul territorio servizi di consulenza tecnica e assistenza.

Andrete a diversificare?
Assolutamente no. Solo nel nostro core business. La quotazione è stato il punto d’arrivo del progetto Elite di Borsa Italiana iniziato nel 2012. Ora con la raccolta di risorse possiamo spingere sull’M&A per diventare leader sul mercato italiano. Abbiamo aperto il capitale a terzi e abbiamo un flottante superiore al 25%, senza contare l’eventuale conversione degli warrant, ma abbiamo acquisito anche una maggiore visibilità con fornitori e clienti. Abbiamo scelto l’Aim perché è il mercato dedicato alle Pmi e anche per la nostra “taglia”; quando raggiungeremo dimensioni maggiori, anche in termini di capitalizzazione minima, valuteremo eventuali passaggi al mercato principale.