Alberto-Fioravanti_Fondatore e Presidente Esecutivo_web2MILANO (AIMnews.it) – “Abbiamo lavorato con continuità nei territori attraverso le nostre sedi locali di Bari, Napoli, Padova, Palermo e Roma e il risultato lo si vede dal numero di start up raccolte: 8 nel 2016, nonostante alcune sedi siano state aperte nella seconda metà dell’anno. Il nostro modello prevede infatti che le Digital Magics locali siano in condizioni di parlare con le start up locali in primo luogo, ma anche con le istituzioni e gli investitori locali: crediamo che la vicinanza delle imprese al territorio sia fondamentale, da una parte per far crescere un tessuto imprenditoriale e dall’altra per avere il supporto di aziende locali che hanno bisogno di fare innovazione”. Così Alberto Fioravanti, fondatore e presidente esecutivo di Digital Magics, e Alessandro Malacart, amministratore delegato di Digital Magics per corporate & finance.

Ma l’industria funziona anche come exit per voi e quindi possibile acquirente di start up?
Proveniamo tutti dal mondo industriale e non finanziario, quindi il nostro primo obiettivo è ottenere clienti per la start up. Il nostro approccio, poi, non è finanziario come quello statunitense, oltre al fatto che operiamo in un contesto molto diverso da quello americano. Quindi sì, vi è una buona possibilità che gli exit avvengano tramite acquisizione da parte di un’impresa matura. Al tempo stesso, però, occorre precisare che il nostro tessuto industriale conta poche grandi aziende e molte piccole: difficile quindi che una Pmi che opera solo localmente possa acquistare una start up che è ancora piccola ma magari è già conosciuta a livello internazionale.

Cercare di fare networking tra start up e aziende radicate è anche uno dei temi di GIOIN….
Esatto. L’incontro dello scorso anno a Saint Vincent ha messo insieme aziende e start up, ma anche altri operatori che sono nel nostro stesso settore, oltre a istituzioni e università. La prima uscita di quest’anno è stata a Padova, e nel 2017 aggiungeremo 2 tappe in piu rispetto allo scorso anno.

Qual è il vostro modus operandi a livello di gruppo?
Dallo scorso anno operiamo con due divisioni: la prima opera “sell side”, vale a dire seleziona le start up, fa incubazione e poi cerca investitori e azienda. La seconda, invece, affianca le imprese mature nella ricerca di interlocutori nel mondo delle start up con l’obiettivo di investirvi oppure fare acquisizioni o semplicemente di avere dei partner commerciali. Opera quindi sul versante “buy side”. Senza contare che non dobbiamo limitare il nostro orizzonte alle start up innovative, che sono oltre 7mila, ma anche a tante altre che per motivi diversi non possono rientrare in questa categoria.

Come è stato il 2016?
Abbiamo raggiunto un valore della produzione di 2,9 milioni e a 333mila euro di ebitda. Abbiamo investito in 15 nuove startup e in cinque anni abbiamo effettuato investimenti per oltre 43 milioni di euro (sia da parte di Digital Magics che da parte di terzi). A dicembre avevamo in portafoglio 60 società partecipate.

Per il 2017 avete un partner del calibro di Innogest e nuovi soci nel capitale di Digital Magics…
Il rapporto con Innogest dura da tempo e ci permette di interloquire con uno dei principali attori del venture capital italiano. Ci permette di fare “tuning” ma soprattutto di avere riscontri con investitori che investono sulle aziende a uno stadio successivo al nostro. Possiamo quindi fare pianificazione strategica nel medio periodo: non dimentichiamo che da parte nostra vediamo 1.000-1.500 progetti l’anno per selezionarne 15-20. Inoltre, per Digital Magics, contare tra i propri soci i fondatori di Withfounders significa poter incamerare tuta l’esperienza e la competenza che queste persone hanno accumulato nella loro vita lavorativa.

E invece con il gruppo Multiversity?
Danilo Iervolino ha tolto dal “ghetto” l’università telematica dandole una dignità. I volumi di fatturato e di utili sono elevati, ma per Digital Magics rappresenta l’accesso ai “proto imprenditori” di start up: in pratica raggiungere “talenti” che hanno idee e vogliono intraprendere un percorso imprenditoriale, fornendo loro i primi strumenti per instradarli su questa via.

Come sta cambiando il mondo delle start up a livello di settori?
Ci sono delle mode che riflettono i movimenti dei trend della Silicon Valley. Poi però ci sono i filoni classici del nostro Paese che sono dominanti, vale a dire che riguardano la qualità della vita. Ad esempio quello che riguarda il fashion e il food. Manca invece il background per quel che riguarda comparti più squisitamente tecnologici, sia in termini di investitori specializzati sia di proiezione internazionale.

Come può cambiare il settore l’avvio dei Pir e piu in generale il piano di incentivazione governativo “Industria 4.0” a favore delle start up?
Crediamo possano dare un grande contributo a questo settore. Incentivare gli investimenti, anche se per porzioni piccole del portafoglio, nel mondo del venture capital sarà una spinta significativa per tutta la filiera. Senza contare i potenziali flussi di investimento che verrebbero diretti verso il settore. Del resto, la defiscalizzazione delle plusvalenze, banalmente, è più interessante laddove queste plusvalenze si possono realizzare. Lo stimolo sarà significativo, anche per noi come Digital Magics, che è un potenziale target dei Pir, oltrechè alle nostre start up.