La sostenibilità è nel DNA di Green Oleo, azienda chimica che dal 2012 scommette sull’economia circolare. L’obiettivo è quello di dare nuova vita agli scarti della lavorazione di prodotti vegetali e animali. Olio d’oliva, di girasole o sego si trasformano in vernici e candele profumate: materie prime di qualità che tornano in vita attraverso processi chimici. Trattamenti e procedimenti a basso impatto ambientale: “un valore aggiunto – spiega Beatrice Buzzella, amministratore delegato di Green Oleo – anche nel dialogo con i nostri clienti, sempre più attenti alla catena dei fornitori. Puntiamo ad avvicinarci sempre più al consumatore finale, così da ampliare i margini di guadagno sulle nostre lavorazioni”.

Quali le motivazioni che vi hanno portato alla quotazione e quali gli obiettivi di crescita che vi siete posti?

Abbiamo acquisito la società nel 2012. La mia famiglia vanta esperienza nel settore chimico di oltre 50 anni, mio padre nel 1962 ha fondato Coim insieme ad un socio di nome Zocchi, tra le prima cinque realtà italiane per fatturato secondo Federchimica. Dopo aver managerializzato Coim, abbiamo deciso di avviare una nuova avventura imprenditoriale, con l’acquisizione di Green Oleo. Alla base di questa decisione, c’era l’intuizione di mio padre di puntare su un comparto destinato a diventare strategico perché basato su materie prime che sono sottoprodotti di aziende alimentari e quindi incentrato sui principi dell’economia circolare. Compriamo i sottoprodotti dell’olio di oliva, di girasole o soia, l’olio di palma rappresenta una percentuale molto bassa ed è sempre sostenibile. A questa tipologia di materie prime si affianca quella a base animale, il sego. Partiamo da ciò che è considerato scarto, non rifiuto, e riusciamo a ridare valore a questi prodotti perché li sottoponiamo a processi chimici o fisico-meccanici. Trasformiamo queste materie prime in vernici, lubrificanti, fino ad arrivare alle candele profumate da interno o a prodotti per la cosmesi o la detergenza. Operiamo anche nell’up-cycling, il riutilizzo creativo.

Abbiamo investito moltissimo nel progetto Green Oleo, nel revamping e nell’upgrade degli impianti. Abbiamo scommesso anche in una nuova linea di prodotto, che usa gli acidi grassi come materia prima, consentendoci di fare lavorazioni che prima facevano solo i nostri clienti. Dal 2012 abbiamo investito 35 milioni e all’inizio del 2023 abbiamo considerato la quotazione come strumento per allargare la base degli investitori.

Quali sono le caratteristiche di una potenziale target per l’acquisizione?

Le opzioni sono diverse, consideriamo anche la possibilità di acquisire un nostro cliente per avvicinarci ulteriormente al consumatore e accrescere i margini. Ridurre il numero delle lavorazioni tra noi e il consumatore, infatti, consente di aumentare il guadagno. L’alternativa potrebbe essere quella di acquisire un distributore.

Puntiamo ad ampliare la nostra capacità produttiva attraverso acquisizioni di altri player operanti nel settore dell’oleochimica da fonti rinnovabili. L’obiettivo è quello di offrire una risposta concreta alle esigenze sia in termini di volumi sia in termini di qualità dei mercati di destinazione.

La crescita per linee esterne guarda a imprese attive nel nostro stesso settore o in settori affini o strumentali, che siano in possesso di un adeguato potenziale strategico e commerciale per lo sviluppo del business.

La società ha recentemente completato il processo della “Product Carbon Footprint”, quale il valore di questo percorso?

Si tratta di un progetto molto impegnativo, abbiamo scelto di intraprenderlo perché la sostenibilità è nel nostro Dna. La prima sfida è stata definire la metodologia da adottare, abbiamo scelto la LCA: Life Cycle Assessment, in accordo agli standard UNI EN ISO 14040, 14044,14067e WBCSD. Si tratta di un progetto ancora in corso, abbiamo completato il percorso per alcuni prodotti. Stiamo lavorando per ottenere la certificazione. Si tratta di uno strumento importante per la competitività, richiesto dalle grandi aziende della cosmesi o dell’alimentare ai loro fornitori. Partendo da sottoprodotti abbiamo già un vantaggio competitivo, con un’impronta molto bassa. Crediamo che questo percorso possa essere un valore aggiunto nel nostro ruolo di fornitori.

Quali i mercati di riferimento?

Il 60% della nostra clientela è internazionale, prevalentemente europea. Anche il mercato italiano è di grande interesse, sostenuto dal Green Deal e dalle politiche incentrate alla sostenibilità. Non va trascurato il fatto che anche negli Usa, mercato ancora piccolo per noi, c’è sempre più interesse al carattere rinnovabile delle materie prime. Questo implica nuove opportunità per la nostra azienda.

Siete stati precursori nel comparto, quali i vantaggi oggi di una intuizione tanto rilevante?

Nel 2012 nessuno parlava ancora di green. La chimica verde è quella della tradizione, che guarda al riuso delle materie prime, basti pensare al sapone fatto con l’olio d’oliva. Negli ultimi anni c’è stata una riscoperta di queste modalità produttive. Noi abbiamo sempre creduto in questi processi e oggi registriamo un interesse crescente, tanto che abbiamo considerato la quotazione un ottimo strumento per crescere in questa direzione. Tradizione senza dimenticare gli investimenti in innovazione e tecnologie.